Dossier su Via la Pergola
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Pisa, 17/11/2011
Al termine di un corteo studentesco promosso all’interno del ciclo di lotte dei movimenti contro il debito e l’austerity, un gruppo di studenti occupa un immobile sito in Via la Pergola a Pisa. Attraverso questo dossier si cerca di ricostruire la storia dell’immobile e dei suoi passaggi di proprietà. L’obiettivo sarà quello di porre una serie di punti interrogativi sull’operato dei protagonisti di questa vicenda, cercando di delinearne e comprenderne i contorni, provando inoltre a contestualizzare questo episodio all’interno di un quadro storico-politico più ampio, al fine di individuare come tale casus belli non sia una semplice anomalia, bensì un modus operandi dietro il quale si nascondono unicamente intenti di natura affaristico-speculativa. Proviamo a cercare di capire se la vicenda possa essere l’esempio tangibile di come la crisi economico-finanziaria, scoppiata negli USA nel 2008, si ripercuota in Italia, perché dietro la storia di Via la Pergola si annoverano nomi della finanza internazionale, coinvolti nelle bolle speculative e negli scandali finanziari, nomi di banche di investimento americane come Lehman Brothers e Merrill-Lynch, ma anche noti esponenti della finanza e dell’immobiliare di casa nostra come Palenzona e Ligresti, Gnutti e Fiorani.
Ricostruzione storica
Introduzione: lo stato attuale della proprietà
L’attuale proprietà dell’immobile è della società Olivia s.r.l. (in seguito Olivia). Questa è stata fondata in data 09/11/2005 e sciolta il 15/11/2010. Essa è ad oggi in liquidazione per iniziativa volontaria. Il suo capitale sociale è di soli 10.000 euro, il minimo legale per costituire una Società a Responsabilità Limitata. La compagine societaria è composta da Sofie s.p.a (in seguito Sofie) che vanta un diritto di proprietà, Banca Monte dei Paschi di Siena (in seguito Mps) e Calimmaco Finance s.r.l. (in seguito Calimmaco Finance) che vantano entrambe un diritto di pegno. Da questa piccolissima s.r.l. titolare della proprietà dell’immobile si apre un sistema di scatole cinesi che ci porterà molto lontani da Olivia. Occorre quindi ripartire da Sofie. Questa con un capitale sociale di 576.000,00 euro vanta come principali soci e investitori la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria (in seguito Fondazione Cra) nella figura di Fabrizio Palenzona, con un diritto di proprietà di 243.072,00 euro sottoforma di azioni ordinarie, e la società immobiliare Norman 95 s.p.a. (in seguito Norman 95) nella figura di Massimo Cimatti, ex Presidente del CdA della stessa, la quale detiene esattamente la medesima quota di capitale sociale della Fondazione Cra. Le altre due società minori presenti in Sofie sono Eurinvest Finance Uno s.r.l. e Giraglia s.p.a.. Eccetto la Fondazione Cra tutte e tre le altre società sono in liquidazione. Anche Sofie è in liquidazione giudiziale dall’11/08/2010 così come la sua controllata Olivia. Il nostro interesse da ora in poi si concentrerà sui due investitori maggiori di Sofie: da un lato Norman 95 e dall’altro la Fondazione Cra. Il percorso di questi due soggetti societari, dal 2005, anno dell’acquisto di Via la Pergola da parte di Olivia, ad oggi si intreccerà sempre più visceralmente. Vista la condizione attuale della proprietà, ricostruiamo l’evoluzione della vicenda a partire dal 2005, anno della compravendita.
Gli attori principali:
il filo rosso tra Norman 95 e Cassa di Risparmio di Alessandria
Norman 95 è una società per azioni facente capo a Massimo Cimatti i cui principali soci investitori sono la Fondazione Cra e Immobiliare Lombarda s.p.a. del gruppo Ligresti.
Gli investimenti di Norman 95:
7 Giugno 2005: “Storico passaggio di mano della Compagnia Immobiliare Lasa s.p.a. (in seguito Lasa) ceduta da Merrill-Lynch che la possedeva dal 2001 e acquisita per circa 57 milioni di euro dalla famiglia Cimatti. Lasa, nata nel 1986, è una società molto nota fra gli operatori del settore immobiliare e possiede tre società cui fanno capo significativi assets tra cui San Sicario Immobiliare s.p.a., proprietaria di immobili e aree edificabili a San Sicario (TO), nota località sciistica piemontese, sito ufficiale delle olimpiadi invernali di Torino 2006, per cui è definito un piano di sviluppo turistico-immobiliare da realizzare negli anni successivi. L’operazione è stata realizzata tramite una newco costituita dalla famiglia Cimatti che ha stipulato un contratto preliminare di acquisto dell’intero capitale sociale di Lasa da Ortensia s.r.l., facente capo a Merrill-Lynch. Il perfezionamento dell’accordo è previsto entro il 15 Giugno 2005. Il pacchetto immobiliare di Lasa ha un valore stimato di mercato di 66 milioni di euro mentre il progetto di sviluppo dell’area di San Sicario si stima produrrà nell’arco dei prossimi cinque anni ricavi per circa 200 milioni di euro.
L’operazione di acquisizione rappresenta un passo importante per la famiglia Cimatti e per il percorso di consolidamento delle loro attività storiche. Una volta perfezionata l’acquisizione, la famiglia Cimatti intende promuovere un percorso di integrazione di Lasa nell’ambito delle proprie attività svolte nel settore immobiliare”. (Fonte: Comitato No Olimpiadi)
13 Dicembre 2005: “Il gruppo Norman comunica di aver acquisito da Bpi – Banca Popolare Italiana (già Bpl – Banca Popolare di Lodi) un portafoglio immobiliare per il valore d’acquisto di oltre 23 milioni di euro. Gli immobili sono stati acquisiti da Norman Eleven s.r.l. (in seguito Norman Eleven), società che il gruppo Norman detiene al 45%. L’acquisizione è stata finanziata da Mps, da Calimmaco Finance, società del gruppo Lehman Brothers e dalla stessa Norman Eleven. La durata del finanziamento è di tre anni con la possibilità di estensione di un anno. Il portafoglio immobiliare è composto da undici immobili, tra cui un hotel, situati nelle regioni del centro-nord Italia. Gli immobili hanno una superficie complessiva di circa 23.000 metri quadrati e sono a destinazione prevalentemente direzionale e commerciale (32% e 3% rispettivamente della superficie complessiva)”. (Fonte: Finanzaonline)
Il finanziamento si aggira intorno ai 20 milioni di euro; il compromesso d’acquisto del pacchetto immobiliare siglato in Aprile viene perfezionato col suddetto acquisto. La garanzia del finanziamento consiste nell’ipoteca di primo e secondo grado per un valore complessivo di 40 milioni di euro, ossia il 200% del prestito concesso..
Novembre 2006: la Fondazione Cra (71%), il Comune di Alessandria (19%) e il gruppo Norman (10%) hanno costituito Oikos 2006 s.r.l. (in seguito Oikos 2006) come strumento operativo del primo progetto di housing sociale nel territorio di Alessandria. L’elemento peculiare dell’iniziativa consiste nell’opportunità offerta agli inquilini di divenire nel lungo termine proprietari delle unità immobiliari, in quanto l’affitto versato dal conduttore non è solo un canone calmierato, ma una rata di mutuo senza anticipo che non va mai a fondo perso trasformandosi dopo ogni versamento in un “mattone” della futura proprietà. L’operazione prevede un investimento da parte di Oikos 2006 di circa 5 milioni di euro.
30 Dicembre 2007: Norman 95, che si è aggiudicata l’asta indetta (e più volte rinviata) dal Comune di Imola, è presieduta e controllata da Massimo Cimatti e ha Fabrizio Palenzona come vicepresidente. Norman 95 ha ottenuto in concessione trentennale l’autodromo in cambio di un canone annuo di 300.000 euro e investimenti per 10 milioni di euro in opere straordinarie come l’asfaltatura della pista, la ristrutturazione della Torre Marlboro, la costruzione di una tensostruttura per ospitare grandi eventi e l’allestimento di un eliporto. Ma una mano a Cimatti e Palenzona l’hanno data anche le coop imolesi. A fare da advisor e a fornire il supporto finanziario per l’operazione è stata Unipol Merchant. E non è un caso, perché Norman 95 annovera tra i soci la Cesi di Imola, big delle costruzioni cooperative guidata da Vanes Galanti, che di Unipol è vicepresidente.
L’esito degli investimenti
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In sintesi dal 2005 al 2007 il gruppo Norman fa una serie di investimenti di grossa portata: oltre all’acquisto degli immobili con un prestito di circa 80 milioni di euro, compra Lasa, investe nell’housing sociale con Oikos 2006 e prende in concessione l’Autodromo di Imola. Vediamo un po’ come vanno questi investimenti.
Stabilimento sciistico di San Sicario: “Quando il signor Cimatti ha rilevato dal precedente proprietario (Merrill-Lynch) la stazione sciistica, o meglio, il centro commerciale, i servizi e una piccola quota dei 1.500 appartamenti ha stipulato un contratto di leasing con Mps per lanciarsi sul lucroso business immobiliare, gonfiateo a dismisura dalle illusioni olimpiche. In quell’euforico clima, nella prima metà dello scorso decennio, sono nati i due palazzoni che presto ospiteranno altre 200 famiglie.
Il signor Cimatti costruiti i due ‘ecomostri’ (peraltro non ancora consegnati ai proprietari che li attendono da un paio d’anni dopo averli pagati anche 4.500 euro al mq) non ha onorato il debito con Mps, ad oggi proprietario del centro commerciale iscritto a bilancio all’olimpica valutazione di ben nove milioni di euro per 4.500 mq mal contati di spazi commerciali, metà dei quali adibiti a magazzini e servizi”. (Fonte: La Stampa)
Al 2009 i giornali riportano un buco di bilancio per 170 milioni di euro.
Housing sociale – interpellanza comunale – Alessandria, 26 Luglio 2011: “I condomini della palazzina edificata in Via Parini ad Alessandria da Oikos 2006, facente parte del progetto di housing sociale, lamentano gravi problematiche relative alla qualità costruttiva dell’immobile medesimo e limitazioni all’accessibilità allo stesso stabile, a causa della mancata asfaltatura del manto stradale adiacente. Oltre alla mancata asfaltatura della strada adiacente allo stabile che, ad ogni evento atmosferico sfavorevole, si allaga creando disagi al transito e rischi per l’incolumità dei condomini, è facilmente riscontrabile una posa non corretta degli autobloccanti all’ingresso dello stabile anche successivamente all’intervento per ovviare ai problemi di scarico delle acque piovane. C’è una posa non corretta degli impianti di irrigazione, tale da allagare alcune abitazioni nelle ore di accensione dell’impianto. Così come è palese la scarsa pulizia dello stabile, specialmente dei giardini e del locale dei garages; ed ancora: lasciano a desiderare i lavori di finitura, specialmente quelli successivi al primo sopralluogo avvenuto lo scorso Aprile, dagli sportelli degli impianti idrotermosanitari ai piani alla bocchetta sigillata con legno grezzo al piano terra dello stabile. Gli impianti fotovoltaici installati non sono mai stati attivati, quindi, non funzionano. Ma è proprio sulle competenze che occorre fare chiarezza, al fine di evitare lo spiacevole gioco dello ‘scarica barile’, che finisce per ripercuotersi negativamente sui diritti degli inquilini che hanno optato per questa possibilità di housing sociale e ogni mese pagano regolarmente le proprie quote. Bisogna in particolare sapere le motivazioni per le quali la ditta esecutrice non viene perseguita per tali carenze costruttive, per quale motivo non sia mai stata la medesima ditta denunciata per aver scaricato abusivamente rifiuti edili lungo tutta la strada d’ingresso allo stabile e per aver utilizzato alcuni materiali come quelli per serramenti, infissi ed inferiate, di livello basso e scadente. Vorremmo altresì che venissero spiegate le motivazioni per cui gli affitti toccano livelli decisamente elevati e fuori mercato e quelle per cui l’ATC, al quale è stata commissionata l’ordinaria amministrazione dello stabile, non offra sufficiente assistenza ai condomini che pagano lautamente l’immobile che abitano”. (Fonte: Tuononews)
L’Autodromo di Imola
Anno 2008: Norman 95 ha presentato il suo piano industriale. Obiettivo dichiarato del presidente di Norman 95 e Formula Imola s.p.a. (la società che gestisce l’autodromo, in seguito Formula Imola Massimo Cimatti è “trasformare il circuito di Imola in uno dei contenitori di eventi più importanti al mondo entro cinque anni”.
Gennaio 2009: il signor Cimatti ha comunicato tramite lettera al Comune di Imola di aver ceduto le sue quote di Norman 95 a Corrado Coen che così diventa il nuovo presidente, a.d. unico, nonché socio di maggioranza (avrebbe versato 26 milioni di euro) della società stessa che ha in corso una ricapitalizzazione per un valore fino a 45 milioni di euro. Però Cimatti avrebbe tenuto per sé le sue quote di Formula Imola trasferendole ad un’altra società, la Cinque Maggio s.r.l., facente sempre parte del gruppo Norman. La stampa locale parla di un buco di 500.000 euro.
Febbraio 2010: la sentenza del tribunale di Bologna parla chiaro: Formula Imola è fallita. Le risorse economiche e gli sforzi fatti dalla nuova gestione potrebbero non bastare e creare più di qualche grattacapo. A richiedere il fallimento sono stati i milanesi di MisMas s.r.l. creditori nei confronti dei vecchi proprietari Norman 95 di un milione di euro.
Da quanto esposto si evince come da dove passi l’immobiliarista Cimatti si accumulino soltanto debiti e fallimenti societari. Nessuno di questi tre investimenti ha avuto esito positivo. Forse questo è il risultato, non semplicemente di una cattiva gestione delle risorse, ma dell’agire unicamente speculativo di un pessimo faccendiere, in grado di ottenere lauti finanziamenti ed elargizioni di denaro da banche amiche, pur non prestando le adeguate garanzie patrimoniali. Così come l’immobile in Via la Pergola in cui nell’atto di acquisto è sancito il non interesse della proprietà verso le condizioni igienico sanitarie, come a dire che la sua destinazione d’uso è tutto fuorché l’abitabilità dello stesso. Così come l’indebito prestito concesso a Olivia per 20 milioni di euro il cui attivo patrimoniale è di soli 10.000 euro. Ma non siamo i soli a porci questi interrogativi.
Un articolo de La Repubblica titola: “Trema un altro pezzo dell’immobiliare milanese. Il tribunale meneghino dovrà decidere nei prossimi giorni il destino della Norman 95. Sul tavolo dei giudici due alternative: il fallimento con la liquidazione degli asset o il concordato preventivo del gruppo, messo in ginocchio da quasi 200 milioni di debiti, tra gli altri verso Unicredit (57 milioni), Intesa-San Paolo (45) e Ubi Banca (23).
Il salvataggio di Norman 95 è assai complicato anche per la conflittualità che ha visto contrapposti tra di loro negli ultimi mesi i soci, Coen da una parte, Fondazione Cra e Ligresti dall’altra. Un faro sul salvataggio di Norman 95 nel tentativo di arrivare a un piano di salvataggio in extremis l’hanno acceso nelle ultime settimane la famiglia Ligresti e la Fondazione piemontese, il cui consigliere Fabrizio Palenzona (che è pure vicepresidente del creditore Unicredit) è stato a lungo numero due della società immobiliare di Cimatti. Nei giorni scorsi sarebbe stata preparata una sorta di bozza preliminare di intervento per evitare il crac, con la creazione di una newco che avrebbe tra i suoi soci alcuni dei creditori, Immobiliare Lombarda e le Fondazioni bancarie interessate (forse pure quella di Asti). Un interesse di massima per partecipare all’operazione sarebbe stato espresso anche dallo stampatore Vittorio Farina, da tempo attivissimo sul fronte del mattone. Il piano però potrà scattare davvero solo il tribunale non farà scattare il fallimento del gruppo”. (Fonte: La Repubblica)
Ad un altro articolo de La Repubblica fa seguito un’interpellanza parlamentare del senatore Lannutti (IdV) al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Se ne riporta di seguito il testo integrale:
“Premesso che: secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica del 4 Marzo 2010, in un articolo firmato da Ettore Livini, intitolato: “Palenzona interviene per salvare Norman 95”, con all’occhiello: “Pronta l’offerta di Concilium con Farina, Crt e Cassa Alessandria”, il vice presidente Unicredit muove le fondazioni per evitare il Crac della società immobiliare; la cordata di Fabrizio Palenzona interviene per salvare la Norman 95, di cui Palenzona stesso è stato vice-presidente dal 2001 al 2008 in rappresentanza del socio fondazione Cassa Alessandria, per consentire al gruppo di pagare i debiti con le banche; la Norman 95, società immobiliare guidata da Massimo Cimatti, finita in liquidazione con un debito di 200 milioni di euro, potrebbe finire a Concilium, una newco al cui vertice c’è Alessandro Farina, ma che dovrebbe vedere come soci la Cassa di Alessandria e Orione investimenti, controllata da fondazione Crt di cui Palenzona è plenipotenziario; il tribunale fallimentare di Milano dovrà dare oggi il verdetto definitivo sul progetto di concordato arrivato da qualche settimana sul tavolo dei giudici; la Concilium, come confermano Daniela Pedroni Cola e Marika Gasparetto, legali dei dipendenti, avrebbe provveduto il 3 Marzo 2010 a pagare gli stipendi arretrati dei 15 lavoratori rimasti in azienda, la condizione posta dal tribunale per evitare il fallimento. Conseguentemente se arriverà il via libera dai giudici la newco, una scatola vuota girata a Farina e soci da Gregorio Gitti, vicino a Cassa Alessandria nell’operazione, provvederà in tempi brevi a presentare il piano per un concordato preventivo; sotto il cappello della Norman 95, oltre ai debiti, ci sono oggi i progetti di sviluppo di Sansicario, cinque piani a reddito del Wtc a Bruxelles, iniziative immobiliari a Milano, cespiti alberghieri e tre controllate: Sofie (partecipata al 42 per cento da fondazione Cassa Alessandria) specializzata nella valorizzazione di iniziative immobiliari, la Ream, una Sgr che nel capitale, oltre a Norman 95 e Alessandria, ha anche la fondazione Cassa Asti, e Gladstone, la holding cui sono affidati i piani di sviluppo sulla località sciistica piemontese messa in liquidazione da Concilium e Norman 95 per salvare la controllante; la proposta della cordata Farina-Palenzona dovrà mettere a punto anche un piano di rientro per i creditori della Norman 95, in primis Unicredit, di cui l’onnipresente Palenzona è vice-presidente, esposto per 57 milioni seguito da Intesa San Paolo (45 milioni di euro) ed Ubi banca (23 milioni di euro); considerato che la cordata di Fabrizio Palenzona prova a salvare l’ex società di Palenzona, per consentirle di pagare, almeno in parte, i debiti contratti con la banca vice-presieduta da Palenzona, si chiede di sapere: se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa; se Unicredit, Intesa San Paolo ed Ubi banca, esposte con la società del vice presidente di Unicredit Palenzona con 125 milioni di euro, abbiano richiesto le stesse garanzie che in genere vengono richieste per erogare gli affidamenti ai comuni cittadini ed alle piccole e medie imprese che non possono vantare “santi in paradiso”; se le banche suddette, che assieme alle altre del “sistema”, dopo aver contribuito ad azionare una delle più gravi crisi economiche del primo dopoguerra, stanno attuando un’odiosa restrizione del credito per le piccole e medie imprese, non abbiano erogato affidamenti incauti ad un loro sodale come il dottor Palenzona, le cui eventuali sofferenze vengono poi messe a carico della clientela, con tassi, costi e condizioni di credito più elevati; quante siano le posizioni analoghe a quelle descritte da Livini nel sistema bancario e se il Governo, a fronte di un palese conflitto di interesse da parte di banchieri che si erogano allegre elargizioni di fidi per i loro particolari interessi, non intenda intervenire con urgenza, nelle sedi opportune, vietando con apposite norme che le banche possano erogare finanziamenti agli stessi amministratori, manager o sindaci che abbiano rapporti di dipendenza con le stesse, configurando interessi privati in atti d’ufficio e palesi violazioni alle norme di prudente gestione del credito e risparmio al fine di evitare di mettere a repentaglio il sudato risparmio della clientela.
”
Il ruolo di Fabrizio Palenzona
Decifrato il contorno di Norman 95 e dell’immobiliarista Cimatti, occorre indagare sulla figura dell’affarista banchiere Fabrizio Palenzona. E’ uno degli uomini più influenti d’Italia: da oltre dieci anni è vicepresidente di Unicredit, il primo gruppo bancario italiano ed è anche consigliere d’amministrazione di Mediobanca, il ‘salotto buono’, ‘perno del sistema Italia’ nelle parole del suo presidente, Cesare Geronzi. Da sempre grande mediatore, Palenzona è stato per due mandati presidente della Provincia di Alessandria. Ed è da lì che ha fatto il grande salto nel firmamento della finanza, autonominandosi rappresentante della Provincia nella potentissima Fondazione Crt, uno dei maggiori azionisti di Unicredit. Da lì, nel 1999, il salto alla vicepresidenza di quella che oggi è Unicredit. Oggi che ha abbandonato la politica attiva è vicino al Pd. A tirar fuori lo ‘sconosciuto’ Palenzona dal cono d’ombra mediatico in cui siede sul suo trono, ci sono riusciti – per poco – solo Silvio Berlusconi e l’ex presidente di Bpl Giampiero Fiorani. Il primo, a fine Novembre, ad Olbia per un meeting organizzato da Assoaeroporti, si è rivolto al banchiere dicendo che non avrebbe potuto invitarlo a cena dopo le esose richieste della moglie nelle causa di divorzio. Il secondo, interrogato come imputato nel processo per la scalata alla Banca Antoniana Popolare Veneta (in seguito Antonveneta), a fine Febbraio 2010 ha spiegato di aver pagato mazzette anche a Palenzona. Rischiando di rovinare così la tela tessuta per arrivare al vertice di Mediobanca. Nel 2005, Fabrizio Palenzona ha le idee chiare sulla linea ad Alta velocità Torino-Lione e sul terzo valico, il progetto di una “via di accesso privilegiata per il trasferimento delle merci verso l’area padana e il Nord Italia” dal porto di Genova. Da presidente Aiscat, dichiara che i suoi associati sono disponibili a valutare la possibilità di gestire l’AV Torino-Lione. (Fonte: Altraeconomia)
Il fallimento di Norman
“Il fallimento di Norman 95 sancito dal Tribunale di Milano nell’estate 2011 dà non poche preoccupazioni al banchiere, che pur di evitarlo aveva avanzato insieme ad altre società la proposta di un concordato preventivo, bocciato dallo stesso tribunale. Si legge nelle sentenze di un debito accumulato per 200 milioni di euro. Negli anni Unicredit è stato il principale creditore della società (57 milioni), un legame suggellato dal fatto che il vicepresidente della banca, Fabrizio Palenzona, è stato anche vicepresidente di Norman 95 dal 2001 al 2008. L’immobiliare della famiglia Cimatti è stata finanziata anche da Intesa-Sanpaolo (45,4 milioni), Ubi Banca (23,2 milioni) e da altri otto istituti per un totale di 150 milioni di euro di debiti bancari, cui vanno aggiunti i debiti erariali e l’esposizione verso i fornitori. Risultando dalla situazione patrimoniale aggiornata debiti per un ammontare complessivo di oltre 50 milioni di euro – si legge nella sentenza – a fronte di un attivo stimato in circa 6 milioni di euro, la società versa in grave squilibrio patrimoniale tale per cui non risulta in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni”.
Il timore dei banchieri è che da questo fallimento possano derivare complicazioni sotto il profilo penale per tutti gli ex amministratori della società. Non è un caso che sia stato tentato il possibile per evitare che si arrivasse alla dichiarazione ufficiale del crac. La proposta di concordato era stata accettata dalle banche, ma bocciata dal 70% dei fornitori. Nel respingere l’istanza, ieri, i giudici hanno notato che il voto favorevole delle banche sia basato su considerazioni più “complesse” rispetto alla valutazione della probabilità di recupero dei crediti. Tradotto: più che a recuperare i soldi, nell’accettare il concordato i banchieri hanno forse pensato a evitare le eventuali complicazioni giudiziarie del crac. Significativo che la proposta di concordato sia stata presentata da un trio di soggetti – Concilium, Fondazione Cra e Fondazione Crt – dietro il quale si intravede l’ombra dell’uomo forte di Piazza Cordusio, grande regista peraltro della cacciata dell’amministratore delegato Alessandro Profumo. Concilium è una società controllata dall’imprenditore Vittorio Farina, patron della Ilte, una delle maggiori stamperie italiane, di cui, secondo la Procura di Napoli, sarebbe ‘procuratore’ Luigi Bisignani. Ossia il lobbysta al centro delle indagini sulla P4, agli arresti domiciliari da metà Giugno, grande mediatore, secondo i pm napoletani, di nomine e favori nelle aziende controllate dal Tesoro. Proprio dal 2005 Palenzona e Bisignani hanno intessuto rapporti sempre più stretti”. (Fonte: Linkiesta)
Concilium è entrata prepotentemente in scena nel Giugno 2010, due mesi prima della nomina a presidente di Fabrizio Priano, per il salvataggio di Norman 95, Concilium avrebbe dovuto essere il “Cavaliere Bianco” che accorreva in salvataggio di Norman 95. In questa veste, prima dell’arrivo di Priano, Concilium aveva già provveduto a pagare gli stipendi dei 15 dipendenti rimasti in azienda nel Marzo del 2010, condizione posta dal Tribunale di Milano per evitare il fallimento.
Lo scandalo Bancopoli
Il 2005 anno della compravendita dell’immobile è esattamente l’anno in cui scoppia il caso Bancopoli. All’interno di questa sezione cerchiamo di inquadrare la vicenda della compravendita dell’immobile dentro l’affare della scalata Antonveneta. Legittimamente sorge l’interrogativo: è questa una forzatura d’interpretazione? Non si starà facendo il passo più lungo della gamba? Cosa giustifica tirare dentro questa vicenda nomi come quelli di Fiorani e di Gnutti? La risposta è molto semplice: il finanziamento per l’acquisto dell’immobile viene dato a Olivia da Mps e l’immobile in Via la Pergola insieme ad altri dieci vengono comprati dalla Bpi, principale responsabile della scalata di Antonveneta nella persona di Fiorani.
Nel 2005 vicepresidente di Mps è Emilio Gnutti, proprietario di Fingruppo s.p.a. (in seguito Fingruppo) e di Hopa – Holding di Partecipazioni Aziendali s.p.a. (in seguitoHopa), una società d’ investimento che detiene il 2,43% di Mps. Proprio questa società d’investimento è il tassello che lega Gnutti con Fiorani. Nel 2005 nella compagine societaria di Hopa ritroviamo, oltre a Mps, Bpi, Antonveneta e Bnl. Il 32% di Hopa è detenuta da Fingruppo. Proprio nel 2005 Bpi diventa azionista di maggioranza di Fingruppo con una quota del 17%. (Fonte: Prof. Di Toro – Università di Torino)
Appare dunque chiaro come tra Gnutti e Fiorani via sia un continuo scambio di capitali finanziari al fine di ottenere un unico obiettivo: la scalata di Antonveneta. Infatti Fiorani, di concerto con altri soci di Antonveneta (in totale un gruppo di 18 imprenditori tra cui Gnutti) ha stretto un patto occulto per superare la soglia del 30% di Antonveneta, di cui lo stesso Gnutti è socio. Da qui scoppia l’affare Bancopoli. Il reato ipotizzato è aggiotaggio, ovvero la manipolazione del prezzo delle azioni di Antonveneta attraverso la diffusione di notizie false. Dalle indagini la procura ipotizza che a Novembre 2004 sarebbero stati effettuati acquisti di titoli per circa 500 milioni di euro, in modo da spingere il prezzo delle azioni Antonveneta sopra a quello dell’Opa di 25 euro, impedendo alla banca olandese Abn Amro di effettuare altri acquisti di azioni, pena il rilancio dell’Opa al nuovo prezzo. Si sospetta che i 18 imprenditori siano stati finanziati dalla Bnl con 552 milioni di euro per rastrellare il 9,48% delle azioni Antonveneta tra il 2004 e il 2005. Fra le 23 persone indagate spiccano i nomi di Fiorani ed Emilio Gnutti, già co-autore della clamorosa scalata Telecom Italia s.p.a. (in seguito Telecom Italia), assieme alla Olivetti s.p.a. di Roberto Colaninno, vicepresidente di Mps, condannato in precedenza per insider trading, ossia per la compravendita di titoli di una determinata società da parte di soggetti che, per la loro posizione all’interno della stessa o per la loro attività professionale, sono venuti in possesso di informazioni riservate non di pubblico dominio (indicate come “informazioni privilegiate”). Simili informazioni, per la loro natura, permettono ai soggetti che ne fanno utilizzo di posizionarsi su un piano privilegiato rispetto ad altri investitori del medesimo mercato. In questo senso si parla anche di asimmetria informativa. (Fonte: Wikipedia)
Nonostante gli evidenti interessi che legano Gnutti a Fiorani mediante le quote di partecipazione che Hopa ha su Bpi, la linea ufficiale di Mps è quella di non finanziare pubblicamente Bpi. C’è un passaggio poco conosciuto che conferma in pieno la strategia di non entrare nella scalata: a Giugno, nel pieno della fase di trasformazione da Banca Popolare di Lodi a Banca Popolare Italiana, la banca chiese a Mps una linea di finanziamento di 500 milioni di euro. A Siena risposero picche. (Fonte: Il Corriere della Sera)
Tuttavia i giornali inziano a parlare del Potere Rosso dei Toscopadani: “Gnutti lo conoscono bene nel mondo cooperativo perché Hopa è stata ammessa in quell’esclusivo club che è la Finsoe s.p.a. (holding che controlla Unipol), un concentrato di potere ‘rosso’ dove Mps affianca la Lega delle coop. I Toscopadani Gnutti-Hopa, Unipol, Mps: gli stessi attori che si stanno muovendo intorno alla Bnl. Gnutti-Hopa, Unipol, Bpl: sono quelli che puntano Antonveneta. Unipol, Bpl, Mps: insieme a Fingruppo formano il patto di sindacato che controlla Hopa. Sempre quelli, sempre gli stessi. Cambiano ruolo a vicenda, da controllori diventano controllati, girano il portafoglio, da compratori diventano venditori, si scambiano poltrone e poteri, concludono decine e decine di operazioni in comune, grandi, piccole, spesso sconosciute. Per anni hanno meticolosamente tessuto la tela delle alleanze, ognuno mettendo radici nella casa dell’altro (all’origine fu galeotta la scalata a Telecom Italia) e poi, una volta saldato il fronte, è cominciata la seconda fase. Cioè oggi, con due grandi partite bancarie in corso: Antonveneta e Bnl. Seconda fase che significa giocare direttamente le partite, facendo fronte comune ma in modo flessibile (dove c’è Bpl in campo non può esserci Mps e viceversa), per conquistare nuove fette di mercato e di potere. Quasi uno schema a zona. Mps, per la verità, ha una strategia che la tiene un po’ al di sopra e un po’ fuori dai ‘giochi’ del gruppo. Solo un po’. La Fondazione Mps guidata da Giuseppe Mussari dà la linea alla banca ma poi ci sono anche i soci minori rappresentati in consiglio. Gnutti è vicepresidente e la sua posizione è particolarmente forte se si pensa che una condanna in primo grado per insider trading non ne ha fermato la riconferma (caso unico nel panorama delle grandi e piccole banche italiane). La ragnatela dell’alleanza gli permette di giocare su più tavoli e con più cappelli: quello di Hopa che sta dappertutto, quello del finanziere che rastrella Bnl, quello di Mps che potrebbe riaprire il dossier romano e quello di Unipol (è influente consigliere) che vorrebbe non perdersi questa partita. Ruoli difficili e pericolosi da interpretare contemporaneamente. Vale per Gnutti, soprattutto, ma anche per gli altri. Antonveneta? Ancora un giro di cappelli, più o meno stessi attori. Il potere toscopadano era uscito dal guscio”. (Fonte: Il Corriere della Sera)
Infatti nasce il sospetto che tra le centinaia di compravendite di titoli Hopa e Fingruppo siano state “regolate” delle partite finanziarie esterne. Per andare a fondo e capire se davvero il “mercatino” di azioni Hopa e Fingruppo è servito in alcune occasioni a coprire flussi anomali di denaro, sono in corso accertamenti nell’ambito dell’ inchiesta milanese sulla scalata Antonveneta. Il quadro che ne esce è molto colorito, con due grandi protagonisti delle transazioni: la Nazionale Fiduciaria s.p.a. del gruppo Bpi (ex Bpl) e la Gp Finanziaria s.p.a., holding della famiglia Gnutti. Ciò che si muove dentro e intorno a Hopa (di cui Fingruppo, culla degli imprenditori bresciani, è il maggior socio con il 32%) non è secondario perché la società è uno snodo cruciale sia in Telecom Italia, per la sua presenza tra i soci di Olimpia s.p.a., sia nel “sistema” Unipol e Bpi con una serie di partecipazioni incrociate. Questo è ciò che accadeva nel 2005. Questo è il legame tra Gnutti e Fiorani.
I punti interrogativi
Chiudiamo elencando una serie di punti interrogativi che si aprono su questa vicenda:
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Cosa giustifica un prestito di 20 milioni di euro concesso da Mps a Olivia, una società fittizia con soli 10.000 euro di capitale sociale?
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Perché Olivia dichiara di non avere alcun interesse verso l’abitabilità dell’immobile? A cosa è realmente destinato? Perché è rimasto completamente inutilizzato dal 2005 ad oggi?
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Potrebbe essere questo prestito un malcelato finanziamento della Mps alla Bpi? Potrebbe essere questo immobile un semplice ponte tra Gnutti (Mps) e Fiorani?
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Perché si scomodano nomi come quello di Farina e Bisignani pur di non far fallire Norman 95?
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Come è possibile che la banche continuino a finanziare Cimatti quando questo ha una gestione della società che definire disastrosa è un eufemismo?
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Da dove vengono questi soldi necessari a finanziare acquisti immobiliari unicamente speculativi? Non verranno mica da quelli dei correntisti delle banche finanziatrici, stessa fonte di gran parte del denaro che Fiorani utilizzò per scalare Antonveneta?
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Su chi ricadranno i debiti di Norman 95? Forse sulla collettività, attraverso un possibile aumento del debito pubblico italiano per finanziare le banche in rosso? Forse questa vicenda è semplicemente un copione in piccola scala della crisi della finanza e del capitale?